Piani di emergenza
I piani di emergenza per i beni archivisti
La circolare del Ministero per i beni e le attività culturali 130/2008 Piani di emergenza per la tutela del patrimonio culturale, facendo riferimento alle disposizioni già in precedenza rese note in materia a partire dal 2004, dispone che i responsabili degli archivi predispongano “un Piano di emergenza che tenga conto, in modo unitario di tutti gli aspetti connessi alla sicurezza del patrimonio culturale”. Per garantire le misure da attuare in condizioni di emergenza, il Piano deve inglobare le misure di emergenza e di evacuazione dei lavoratori in caso di pericolo grave ed immediato ai sensi dell’art. 4, comma 5, lettere h e q del d.lgs. 6/1994, n. 6, ora d.lgs 81/2008. La circolare in questione detta le linee guida per l’elaborazione del Piano indicate dalla Commissione Speciale Permanente per la sicurezza del Patrimonio culturale Nazionale. Il “coordinatore per l’emergenza” deve essere di norma un funzionario direttivo. Il Piano di emergenza va aggiornato secondo le “linee guida per la pianificazione e gestione delle esercitazioni”, allegate alla circolare 30/2007 del Ministero per i beni e le attività culturali.
1. Predisposizione e aggiornamento piani di emergenza
Il Piano deve necessariamente contenere la mappatura dei beni archivistici conservati nei depositi (pianta topografica) e per ogni archivio i seguenti elementi: denominazione, segnatura dei pezzi che lo compongono, localizzazione (ubicazione fisica), tipologia del bene (Ente pubblico, statale, privato, ecclesiastico), metri lineari che occupa, dimensioni minime e massime dei pezzi che lo compongono in centimetri (es. 20 cartelle contenenti pergamene cm. 40 per 70), stato di conservazione (buono, discreto, mediocre, cattivo), strumenti di corredo esistenti (inventario, regesto, guida, elenco, schedario, ecc. ), stima del valore del bene (esistono dei parametri di riferimento), apparato fotografico dell’archivio preso in considerazione. Il Piano deve prevedere le priorità d’intervento e i criteri di salvataggio. Per fare questo si rende necessario suddividere la documentazione presente nei depositi in quattro livelli di importanza e priorità di salvataggio, attribuendo a ciascun livello un colore e un numero distintivo: 1. Antichità - 2. Unicità - 3. Rarità - 4. Valore storico culturale. È evidente la necessità di indicare i livelli di priorità, apponendo fisicamente un contrassegno ben visibile, colorato e numerato, nei depositi in corrispondenza dei fondi archivistici o di parti di essi. Il Piano deve essere in grado di far fronte ai disastri naturali (terremoti, inondazioni, uragani e tornado) e a quelli causati dall’uomo (allagamenti da infiltrazioni o rotture delle tubature, incendi, danni da muffe e da batteri) adottando le migliori soluzioni. Il Piano va periodicamente aggiornato, almeno ogni sei mesi. La cosiddetta documentazione chiave, che comprende il Piano di emergenza, la pianta topografica, le foto dei depositi archivistici, la lista dell’equipaggiamento necessario per intervenire, quella dei contatti telefonici con Vigili del fuoco, Protezione civile, organi centrali e periferici del Ministero per i beni e le attività culturali, su supporto cartaceo e informatico deve essere redatta almeno in duplice copia: una va conservata all’esterno dell’edificio - deposito di riferimento.
2. Individuazione delle squadre di intervento e loro formazione
La squadra di emergenza deve avere una preparazione specifica nel saper trattare la documentazione archivistica e nell’operare nelle aree di crisi ed essere in grado di fare in tempi rapidi una analisi iniziale dei danni adottando, attraverso gli opportuni contatti con gli enti pubblici preposti alla tutela dei beni culturali e imprese private specializzate nel settore, le soluzioni per fronteggiarli rapidamente. Ogni membro del gruppo deve avere precisi obbiettivi e svolgere ben definiti compiti. Nel settore archivistico non si può prescindere dalla presenza di un archivista professionista e di un restauratore-conservatore.
3. In caso di emergenza
a) Allerta delle squadre di intervento e breafing iniziale
Le squadre di emergenza, prima di attivarsi, devono dotarsi di tutti i materiali necessari per l’incolumità personale dei componenti e per il recupero degli archivi, prendere contatti con ditte specializzate al trasporto di beni culturali e verificare che i depositi di destinazione dei beni siano pronti a ricevere il materiale.
Ogni squadra di emergenza deve essere dotata di una attrezzatura per ogni individuo (es. stivali di gomma, casco, impermeabile, guanti, mascherine, ecc.) e per l’intero gruppo; oltre al materiale di cancelleria particolare attenzione va riservata ai contenitori da imballaggio idonei alla movimentazione dei pezzi da una sede all’altra, per evitare che vengano ulteriormente danneggiarti. Esistono in proposito dei prodotti modulari in plastica rigida, tra di loro incassabili, particolarmente adatti allo scopo e con possibilità di affiancamento. È quanto mai utile disporre anche di pannelli di separazione dei volumi, posizionabili sia in verticale che in orizzontale all’interno dei contenitori, di dimensioni variabili.
b) Messa in sicurezza dei luoghi
I terremoti provocano la caduta delle scaffalature e dei documenti dalle scaffalature. Provocano inoltre, guasti ai computer, con conseguente perdita delle informazioni. Spesso i problemi più gravi sono causati dalle conseguenze del terremoto, quali la rottura delle tubature che comporta l’allagamento delle carte posizionate nei palchetti più bassi e le avverse condizioni meteorologiche, nel caso specifico la pioggia che, in mancanza di coperture appropriate, bagna la documentazione. Terminato il sisma, con tutte le necessarie cautele, bisogna sgombrare e perimetrare le aree di intervento, coprire con capienti ed idonei teloni anti pioggia i depositi a rischio infiltrazioni di acqua e togliere le macerie che impediscono l’acceso ai depositi, evitando di danneggiare l’eventuale documentazione caduta a terra, effettuare, poi, una accurata pulizia delle vie di transito per evitare che la polvere si insinui tra i documenti, bene culturale da salvare.
c) Valutazione diretta dello stato dei beni e programmazione degli interventi
Laddove possibile, anche con l’ausilio di moderne attrezzature robotiche, è necessario predisporre una accurata documentazione fotografica dei danni e organizzare turni ininterrotti di lavoro. Sulla base del danno causato alla documentazione vanno studiati i possibili metodi di intervento, tenendo conto delle priorità di trasferimento degli archivi, preventivamente stabilite.
Mentre per i beni architettonici, storico artistici, archeologici e raccolte museali i danni più rilevanti, spesso di grande entità e a volte irreparabili, sono causati dal crollo delle strutture, per quelli archivistici e bibliotecari i danni più rilevanti sono causati dall’acqua per fuoriuscita dalle tubature danneggiate e dalla pioggia che potrebbe cadere sulle carte non più protette dalle coperture degli edifici lesionati o crollati. Certamente nei casi di terremoti catastrofici, che provocano il crollo totale di interi edifici, la documentazione subisce danni rilevanti e potrebbe essere irrecuperabile. Ma questi costituiscono casi limite. Molto più frequenti sono i casi in cui gli edifici, seppur gravemente lesionati rimangono in piedi, cosicché la documentazione in essi contenuta, anche se con enormi difficoltà, può essere recuperata, senza che ne sia sconvolto l’ordine originario, dalle squadre di pronto intervento e trasferita in luoghi idonei, previa accurata ripulitura di polvere e calcinacci. Se questa operazione viene effettuata da personale volontario non specializzato oltre ai danni subiti dal terremoto si aggiungono quelli causati dalle prime operazioni di soccorso realizzate in maniera impropria, in mancanza di un piano complessivo di recupero. L’applicazione di una programmazione appropriata aiuterà a ridurre costosi interventi di recupero successivi. L’acqua, come già detto, rappresenta, il peggior nemico non solo per le carte ma anche per il materiale archivistico avente altro supporto. Nel caso di documenti bagnati si rendono necessarie diverse e ben più complesse operazioni di recupero.
d) Esecuzione degli interventi
Prelievo di tutta la documentazione, sulla base del programma stabilito nel Piano di emergenza, sommaria spolveratura e, se necessario, nuovo condizionamento delle carte, schedatura essenziale dei singoli pezzi solo tenendo conto delle etichettature preesistenti, collocazione dei medesimi nelle apposite casse aventi caratteristiche tecniche predefinite, tali da non danneggiarli e favorirne il trasporto, numerazione delle stesse in modo che per ciascuna sia chiaro, nella fase del trasferimento, il contenuto. Trasporto delle casse nel luogo di lavorazione e conservazione prestabilito. Sistemazione dei pezzi archivistici che non necessitano di particolari interventi sulle scaffalature del nuovo deposito, secondo l’ordine che avevano all’origine per non sconvolgere l’organizzazione e la validità dell’inventario. Sulla documentazione danneggiata occorre effettuare appropriati interventi di restauro. Molto difficoltosi e lunghi sono quelli sul materiale bagnato. Si elencano brevemente: asciugatura ad aria, interfoliazione, congelamento, asciugatura tramite liofilizzazione, asciugatura sotto vuoto o termica. I materiali su supporto non tradizionale quali fotografie, lastre fotografiche, negativi, nastri e cassette, floppy, cd-rom vanno trattati ognuno tenendo conto della propria specificità. Le prime operazioni di recupero si devono preoccupare, pertanto, di scongiurare i pericoli provenienti da attacchi microbici, dovuti alla presenza di umidità e solo in un secondo momento da quelli meccanici.
e) Documentazione foto/video e redazione verbale giornaliero
Realizzazione di documentazione fotografica in formato digitale durante il corso di tutte le fasi degli interventi e redazione di un verbale scritto secondo uno schema che riporti data, nome del verbalizzante e degli altri operatori interventi eseguiti.
4. Nella fase di post emergenza
Terminata la fase vera e propria dell’emergenza, si apre quella del recupero che, a seconda della gravità del disastro e delle risorse economiche disponibili, può essere più o meno lunga. L’intento è quello di rendere, quanto prima, nuovamente accessibili gli archivi al pubblico.
a) Ripristino dei locali e dei materiali
I locali di deposito devono ritornare idonei sia dal punto di vista strutturale che funzionale. L’edificio va reso agibile e con i sistemi di sicurezza e antincendio perfettamente funzionanti. Tutti gli spazi devono essere puliti e disinfettati, ripristinate le condizioni ambientali ottimali (18°-21°; umidità relativa 55%), eliminato qualsiasi tipo di sporco, puliti accuratamente gli scaffali e le attrezzature. Quando i documenti sono stati danneggiati dall’umidità occorre prevedere uno spazio maggiore rispetto a quello utilizzato precedentemente per compensare il rigonfiamento temporaneo dei materiali.
b) Ricollocazione dei documenti nei depositi originari
Risulta opportuno, prima di procedere, stabilire dei principi e valutare lo stato di conservazione dei documenti. Spesso bisogna affrontare situazioni molto variegate. Alcuni documenti potranno tornare da subito al loro posto, altri dovranno essere accuratamente spolverati, altri ancora restaurati, altri ricondizionati e rilegati. Per gestire in modo efficace l’intera operazione sarà opportuno annotare accuratamente tutti i documenti che stanno subendo un trattamento, a quale laboratorio sono stati inviati, i tempi di riconsegna.
c) Relazione sull’evento
Una dettagliata relazione sul disastro è utile per lasciare memoria di quanto successo e per riflettere sulla validità o meno delle procedure seguite. La relazione potrà essere di grande aiuto per altre istituzioni che si troveranno ad affrontare casi analoghi.
d) Revisione del Piano di emergenza
Il momento successivo all’emergenza è ideale per compiere valutazioni sui punti di forza o di debolezza del Piano stesso, per migliorarlo, correggerlo o ampliarlo. Dovranno essere presi in considerazione, apportando le necessarie variazioni rispetto al pregresso, i seguenti punti:
- le piante dei locali con la localizzazione delle attrezzature e degli archivi;
- le procedure di salvataggio dei materiali;
- le procedure per il trasferimento dei documenti danneggiati;
- l’elenco del personale che fa parte del gruppo di coordinamento;
- l’elenco dei collaboratori esterni e dei volontari;
- l’elenco dei fornitori di beni e servizi;
- l’elenco dei restauratori;
- la revisione e la messa a punto dei locali dove effettuare gli interventi;
- l’inventario e l’eventuale integrazione del materiale e delle attrezzature necessarie;
- l’aggiornamento e il controllo di tutti i recapiti telefonici.
Il Piano così aggiornato dovrà essere distribuito e illustrato.
Mario Squadroni
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