Sedi archivistiche
La conservazione dei beni archivistici: nozioni di base
Per beni archivistici si intendono gli archivi e i singoli documenti dello Stato, delle Regioni, degli altri enti pubblici territoriali, nonché di ogni altro ente ed istituto pubblico; gli archivi e i singoli documenti, appartenenti a privati, che rivestono interesse storico particolarmente importante quando sono stati “dichiarati”, cioè sottoposti alla tutela da parte dello Stato; gli autografi e i carteggi; gli spartiti musicali aventi carattere di rarità e pregio; le fotografie, con relativi negativi e matrici; le pellicole cinematografiche ed i supporti audiovisivi in genere aventi carattere di rarità e di pregio.
1. La conservazione e la salvaguardia dei beni archivistici: principali capisaldi di natura logistica e tecnico-scientifica per una ottimale conservazione e salvaguardia dei beni archivistici.
a) Locali, sistemi di sicurezza, arredi e contenitori per documenti
I depositi devono avere le caratteristiche tecniche previste dalla normativa in vigore: solidità strutturale, nel rispetto delle norme antisismiche, compartimentazione, funzionalità, predisposizione dei servizi, microclima a norma (temperatura intorno ai 18 °, umidità relativa contenuta tra 45 e 55% con oscillazioni giornaliere di non più sei punti percentuali ed una temperatura che sia mantenuta al di sotto dei 22°), vie di fuga, segnaletica, sistemi di sicurezza, con particolare riferimento all’antincendio (si consiglia di rivolgersi ai Vigili del fuoco) e all’antintrusione (prescrizioni minime sono le porte di sicurezza e le inferriate alle finestre).
Le scaffalature che arredano i depositi, debitamente certificate, vanno ancorate alle pareti e tra di loro e posizionate a norma di legge:
- primo palchetto a 15 cm da terra;
- altezza massima consentita degli scaffali: in ambienti alti m. 2,70, m. 2,10;
- distanza tra gli scaffali: lungo le vie di fuga m. 1,20, tra uno scaffale e l’altro m. 0,90.
Le vie di fuga e i corridoi vanno mantenuti sgombri da qualsiasi ostacolo. Nei depositi, nel caso in cui esistessero scaffalature più alte della norma, devono essere presenti anche scale con quattro punti di appoggio e facilmente movibili. Quando l’altezza delle stanze lo consente conviene predisporre scaffalature a soppalco.
La posizionatura dei pezzi archivistici (registri, buste, faldoni, volumi, filze, cartelle, ecc.) deve tendere alla ottimizzazione degli spazi, pertanto la distanza tra un palchetto e l’altro della scaffalatura va calcolata secondo l’altezza della documentazione da riporre. La collocazione sugli scaffali va effettuata per colonne, partendo dal basso verso l’alto e da sinistra verso destra.
I contenitori per documenti su supporto tradizionale (carta e pergamena) e innovativi (fotografie, materiali su pellicola, audiovideo, supporti magnetici, supporti ottici) devono avere caratteristiche tali da proteggerne il contenuto. Per i supporti tradizionali, che rappresentano la quasi totalità della documentazione d’archivio, sono da preferire buste a forma di scatola, di cartoncino rigido a ph neutro e con una sola apertura; da escludere nella maniera più assoluta i contenitori di plastica.
b) Riordinamento e inventariazione dell’archivio
Gli archivi disordinatamente conservati sono inconsultabili e facilmente depredabili, pertanto, vanno riordinati e inventariati secondo i canoni della dottrina archivistica. L’inventario è lo strumento di corredo alle carte più importante ed ha una duplice valenza: amministrativa e culturale. Attraverso l’inventario l’ente proprietario sa cosa possiede e lo studioso conosce la consistenza quantitativa e qualitativa dei fondi archivistici presenti in quel determinato luogo. In mancanza di un inventario è indispensabile almeno la presenza di un elenco di consistenza, strumento di corredo alle carte molto più sommario e scientificamente meno valido.
2. La manutenzione ordinaria e straordinaria
Il materiale cartaceo conservato negli archivi, oltre ad impolverarsi, non di rado può essere oggetto di insediamenti di funghi o muffe (più frequentemente e con maggiore intensità nei locali umidi) e di insetti (più raramente). Tali insediamenti progrediscono nel tempo fino a deteriorare irrimediabilmente la documentazione attaccata. Da qui la necessità di intervenire tempestivamente al primo apparire dell’infestazione.
La pulizia dei locali, la spolveratura degli arredi e dei pezzi archivistici, il controllo dello stato di conservazione delle carte e dell’efficienza degli impianti devono essere effettuati con cadenze periodiche molto ravvicinate. È necessaria anche una manutenzione straordinaria, da effettuarsi almeno ogni tre anni, che preveda la rimozione dei pezzi archivistici, ai fini di una pulizia particolareggiata di ciascuno di essi e loro immediata ricollocazione nel posto di provenienza, dopo aver accuratamente pulito anche tutti i palchetti delle scaffalature. La spolveratura deve essere manuale sulla documentazione più delicata o in precario stato di conservazione, meccanica su quella ben conservata. La spolveratura manuale va effettuata con spazzole e pennelli dotati di setole morbidissime, sotto cappa aspirante munita di apparato filtrante a totale ritenuta e recupero della polvere asportata; quella meccanica viene eseguita con idonei aspirapolveri industriali azionati elettricamente o con gruppi soffianti a getto d’aria di potenzialità regolabile, posti sotto la predetta cappa aspirante. Si deve provvedere, altresì, alla spolveratura e disinfezione, in contemporanea, delle scaffalature momentaneamente liberate dal materiale cartaceo, mediante impiego di panni antistatici, alcol etilico denaturato e prodotto detergente e pulente specifico (polialccol o dart); quindi alla ricollocazione del materiale cartaceo spolverato sui ripiani di provenienza ben ripuliti e asciugati, secondo l’ordine preesistente; infine alla accurata pulizia della pavimentazione degli ambienti in cui sono stati effettuati i lavori di spolveratura, mediante l’impiego di idonee attrezzature aspiranti e prodotti pulenti di specifico uso ( biohammonia o tac o oliclor).
3. La conservazione preventiva
Concerne tutte quelle operazioni che contribuiscono al benessere fisico dei beni archivistici, affinché questi possano durare più a lungo possibile nel tempo. Un programma mirato di interventi per essere efficace deve avere come punto di partenza un approfondito esame della situazione esistente. La conoscenza quanto più dettagliata della presenza e dello stato di idoneità dei depositi archivistici consente, infatti, di programmare interventi mirati in relazione agli scenari di danno prevedibili. Per fare questo si rende indispensabile ispezionare attentamente i locali nei quali i soggetti conservatori ospitano le carte per sapere quali sono i punti di criticità dei depositi e i rischi che corre la documentazione, al fine di individuare quali interventi possono essere compiuti a corto, medio e lungo termine, in funzione dei bisogni e delle risorse di ogni istituto.
4. La predisposizione di una pianta topografica dei depositi archivistici
La pianta topografica ha lo scopo di far conoscere quale e quanta documentazione è presente all’interno di ogni deposito e il luogo esatto in cui è conservata. Per fare questo è necessario, per prima cosa, contraddistinguere con un numero ogni ambiente, poi segnare, con lo stesso criterio, tutte le scaffalature ivi posizionate, e, ancora più nel dettaglio, le colonne e i palchetti che compongono le scaffalature. La pianta topografica deve essere corredata da un apparato fotografico con le immagini d’insieme di tutti i pezzi archivistici conservati in ogni deposito.
Mario Squadroni
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